Craniorachischisi
La diagnosi di incompatibilità con la vita e la successiva morte di un bambino per me fa parte delle domande “irrispondibili”, di quelle che affidiamo al vento, per lasciarle andare, più leggere dei nostri ragionamenti e dei nostri tentativi di capire.
Tuttavia oggi credo che l’accoglienza di mia figlia Mara, bambina con craniorachischisi, non ci abbia solo provato duramente, ma ci abbia dato anche una grande opportunità.
All’epoca una dottoressa nello spiegarci la diagnosi, usò la parola “caso sporadico” che poi lei stessa tradusse con il termine colloquiale “sfiga”. Lo percepii come un timbro, un destino avverso e avaro di vita, una sorte nemica piombata dal cielo proprio su di noi e la nostra prima bimba.
Più tardi, qualche anno dopo, guardandomi allo specchio e considerando che sì, era capitato proprio a noi, ebbi il coraggio di “perdonare la vita” e intravidi che quel “destino poteva diventare una destinazione”, ma non immaginavo che quel timbro si sarebbe trasformato in un fregio, un abbellimento alla mia persona e alla mia famiglia.
Incontrare attraverso La Quercia Millenaria, Eleonora e Mauro fu il primo segno di una storia di dolore che poteva svoltare. Risposero alla nostra telefonata, ci ascoltarono e poco dopo ci aprirono la porta di casa loro: ci sentimmo due relitti che dal mare aperto approdavano stremati su qualche spiaggia. A volte ancora ripenso come quel primo semplice gesto di Eleonora di rispondere a una chiamata sul cellulare ci abbia letteralmente cambiato la vita.
Da quel momento in poi, seppur lentamente e a piccoli passi, il panorama cambiò. Quel che ci permise di andare avanti non fu “farci forza”, al contrario fu proprio ammettere la nostra fragilità, in un certo senso abbandonarci alla corrente, ma con la voglia di continuare ad amarci e anche di vedere cosa “sarebbe successo poco più in là”.
Qualche volta si sente dire che i genitori dopo la morte di un figlio sopravvivono, ma nel caso di bambini incompatibili con la vita, sarebbe bello poter affermare che i genitori e poi anche i fratelli e le sorelle “sopra-vivono”, nel senso che alla luce di queste piccole, “inutili” vite, ci è data l’opportunità di scavalcare il banale, lo scontato, il superfluo, il finito per buttare uno sguardo sull’essenziale, il concreto, l’infinito.
In fondo per noi quei lunghi, terribili, ma per certi versi anche luminosi nove mesi, serviti “solo” per accompagnare nostra figlia al Sicuro ci hanno permesso di fare il nostro “folle volo” per poi arrivare su una terra che ha assorbito il sangue delle nostre ferite e su cui “sono tornati i prati”.
L’incontro con il gruppo “La Speranza oltre il dolore”, nato da La Quercia Millenaria ci ha permesso soprattutto di trovare le parole per il nostro dolore e per la nostra storia e nell’eco dei racconti di altri genitori ci siamo in qualche modo riconosciuti per poi finalmente trovare la nostra personale strada per lasciare andare e accogliere al contempo una nuova vita.
Avevo tantissima paura, ma ho anche scoperto che “la paura è una porta che esiste solo finché non hai il coraggio di attraversarla”.
Il nodo della nascita e della morte di nostra figlia ci ha permesso di irrobustirci e “quello che ieri sembrava farci cadere è la forza che ci fa stare in piedi oggi” e sapere di “avercela fatta” in passato ci permette di camminare nella vita di tutti i giorni. Abbiamo fatto tanta strada, abbiamo incontrato persone meravigliose; i medici in ospedale, i nostri famigliari, i nostri amici più cari, ma anche persone sconosciute hanno preso parte alla nostra storia, l’hanno scritta con noi e possiamo solo ringraziare, essere grati: abbiamo avuto così tanto.
Le tante lacrime piante, che sentivo così amare, proprio come un’acqua impossibile da bere, sono poi diventate più accettabili e dolci. A un certo punto ho anche pensato che “l’irreparabile non esiste” perché “la tempesta è capace di disperdere i petali, ma non è in grado di danneggiare i semi”.
Elena Avesani, Marco Montolli genitori di Mara.
Il testo contiene citazioni di scritti vari di Alessandro d’Avenia, Laura Imai Messina, Viola Ardone, Kahlil Gibran e Giampietro Ghidini.